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Perché i colombiani di Milano stanno manifestando ogni settimana

Notizie Milano – Ogni settimana una protesta globale tutta “made in Colombia” prende vita in diversi luoghi del palcoscenico mondiale, anche a Milano. Uomini e donne, giovani e meno giovani, tutti insieme, vogliono far sentire la loro voce, innalzando il loro grido di protesta sulle piazze virtuali e non. La contestazione inscenata per le strade viene poi prontamente rilanciata sui canali social, accompagnata da hashtag come #soscolombia. Questo succede perché ad oggi, purtroppo, sono quasi 50 le persone rimaste uccise negli scontri tra i manifestanti critici nei confronti del governo e la polizia di Bogotà.

#SOSCOLOMBIA: l’hashtag simbolo della protesta

A protestare in Colombia, chiedendo a gran voce maggiori garanzie sociali ed economiche sono principalmente i giovani. I gas lacrimogeni, il piombo e la repressione governativa non sono riusciti a placare il dissenso che va avanti da più di dieci giorni. Disoccupati, operai, universitari si sono uniti contro il governo alla ricerca di un uno spiraglio verso in dialogo costruttivo tra le parti, cosa che finora è completamente mancata. L’hashtag che unisce la protesta di questo popolo sud-americano, a Milano come altrove, è il già citato #soscolombia.

In città si ritrovano con frequenza regolare per manifestare tutto il loro dissenso nei confronti dell’attuale governo colombiano a due passi dal Castello Sforzesco, in Largo Cairoli, sotto la statua equestre di Giuseppe Garibaldi. I sit in milanesi sono cominciati per supportare il paro nacional, cioè lo sciopero generale colombiano indetto lo scorso 28 aprile e che continua fino a oggi in Colombia e non solo. L’aggressiva risposta del governo sud americano nei confronti dei manifestanti, in particolar modo ad opera dell’Esmad, gli agenti anti sommossa, hanno spinto la comunità colombiana sparsa nel mondo a scendere in piazza per manifestare, virtualmente e non, a fianco dei loro connazionali. Il presidente Dulque ha ritirato la contestata riforma che voleva l’aumento dell’IVA sui prodotti alimentare, manovra fiscale che andava ad aggravare principalmente il bilancio del ceto medio, ma la protesta del popolo sud americano sembra non volersi fermare affatto.

Da Milano pace e giustizia per la Colombia

Il gruppo milanese di manifestanti è composto da circa una sessantina di persone, colombiani e colombiane che chiedono al governo italiano di condannare pubblicamente la violenza perpetrata dalla polizia nazionale. Le manifestazioni milanesi sono promosse dall’organizzazione “Colombia paz y justicia social“. Per rafforzare la loro presenza virtuale i manifestanti hanno affiancato diversi hashtag all’iniziale #soscolombia, parole che, esplicitamente, vogliono descrivere in maniera cruda la situazione attuale dei loro coraggiosi connazionali.

Ecco così comparire sui vari cartelli milanesi la scritta: ci stanno uccidendo; traduzione del popolarissimo #nosetanmatando, hashtag usato in patria dai cittadini comuni per segnalare i soprusi delle forze dell’ordine, ma non manca anche il più ben augurante #fuerzacolombia.

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La protesta nel paese sudamericano

I classici colori della bandiera colombiana, cioè il rosso, il blu e il giallo, da tempo, in segno di protesta, fanno la loro comparsa rovesciati su diversi profili social, così come in Largo Cairoli a Milano. Il giallo che in origine rappresentava l’abbondanza lascia ora sempre più spazio al rosso, il colore del sangue delle vittime. Rosso era infatti il sangue di Nicolas Guerrero, giovane rimasto ucciso durante una manifestazione nella città colombiana di Calì, episodio diventato famoso perché ripreso da una diretta su Instagram, così come rosso era anche il colore del sangue versato di Santiago Murillo, la cui morte è invece stata registrata da un cellulare clandestino. Santiago è stato ucciso nel rientro a casa, mentre stava camminando verso la natia città di Ibagué dopo aver partecipato a una manifestazione di protesta. Questi due giovani sono stati uccisi da proiettili “vaganti”, partiti molto probabilmente da armi in dotazione al corpo della Policia nacional. La polizia colombiana dovrebbe essere un corpo chiamato a proteggere i cittadini ma in questi giorni di forte e vibrante protesta ha preso le difese del contestato Ivan Duque, presidente che è oggetto di diverse critiche da parte di organizzazioni non governative che vigilano sul rispetto dei diritti umani in Sud America.

Temblores, ONG colombiana, ha comunicato che di queste 47 persone assassinate, 39 sono vittime dell’azione repressiva poliziesca. Si devono poi tristemente aggiungere 963 casi di arresti arbitrari e 548 persone scomparse (desaparecidas), come si apprende dai dati ufficiali recentemente diffusi da Defensoria del Pueblo. Ma l’elenco delle violenze e dell’irregolarità non si ferma qui, purtroppo sono stati registrati ben 1876 episodi di violenza, 278 aggressioni della polizia, 28 feriti agli occhi da lacrimogeni e 12 casi di violenza sessuale.

Così, in segno di protesta, e di supporto ai proprio connazionali i cittadini colombiani sventolano il tricolore rovesciato della Grande Colombia nelle piazze dei diversi paesi stranieri che li hanno accolti e adottati. In Italia ogni settimana manifestano a Roma e Milano.

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